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Matej KLEMENČIČ

Nicola Grassi e le opere perdute del castello di Mirna

Nel libro di Ivan Stopar, edito nel 2000 e dedicato ai castelli della Dolenjska (Carniola Inferiore), è stato pubblicato l’elenco dei dipinti che facevano parte della collezione del castello di Mirna. La collezione ancora in situ è stata descritta da France Stelè nel 1935, mentre è andata dispersa durante la seconda guerra mondiale quando il castello fu incendiato e in gran parte distrutto. Nel tentativo di attribuire i dipinti e di ricostruire la collezione originaria possiamo fare oggi affidamento solo alla documentazione fotografica dello Stelè e agli inventari ereditari conservati nell’archivio di stato della Slovenia (Arhiv Slovenije).

Del periodo interessato si sono conservate due inventariazioni ereditarie: nella prima, risalente al 1719, non sono citati i dipinti descritti dallo Stelè. Questi dovettero giungere al castello successivamente, al tempo del conte Francesco Bernardo Lamberg (1719–1730), del barone Ferdinando Ernesto Gallo (1730–1747) o di suo figlio il barone Giorgio Vaicardo Gallo (1747–1754). I dipinti sono infatti citati nell’inventariazione ereditaria stilata dopo la morte di quest’ultimo. A quel tempo nella ”sala da pranzo superiore“ c’erano oltre a dipinti di piccolo formato anche quattro scene di storia (Histori bilder), valutate in 60 fiorini. Nella “stanza lunga” oltre alle nature morte e a un paesaggio vi erano anche sette dipinti di maggiore formato: tre rettangolari di uguali dimensioni – Caino e Abele, Sansone e Dalila e Un vecchio incarcerato minacciato da una donna – valutati ognuno in 30 fiorini, un’altro rettangolare ma maggiore rispetto ai primi tre e raffigurante L’incontro di Alessandro Magno con Diogene nella botte, valutato in 28 fiorini, e infine tre tele di formato oblungo: Il buon samaritano, valutato 25 fiorini, Ercole e l’Idra, 20 fiorini, e Ercole col bastone, 10 fiorini.

I quattro Histori bilder raffiguravano episodi amati nel barocco: Rebecca al pozzo, L’incontro tra Rebecca e Isacco, Giacobbe e Rachele al pozzo e Giacobbe pianta le verghe scorzate. Questi episodi, e in modo particolare la Rebecca al pozzo, ricorrono nei cataloghi di quasi tutti i più importanti pittori del barocco veneziano. I dipinti di Mirna sono però più vicini al primo periodo di Nicola Grassi (1682–1748), che ha dipinto diversi episodi di questo ciclo biblico, a volte varianti quasi identiche, tra le quali è certamente la più nota la Rebecca al pozzo della chiesa veneziana di San Francesco della Vigna, datata al 1720 circa. Dal confronto con simili composizioni del Grassi si evince che le quattro tele di Mirna sono delle varianti dei quattro dipinti che almeno dall’inizio dell’Ottocento figuravano nel palazzo udinese dei conti Fistulario. Le tele furono vendute nel 1938; oggi la Rebecca al pozzo e Giacobbe e Rachele al pozzo si trovano di nuovo a Udine, alla Galleria d’arte antica dei Civici Musei, mentre L’incontro tra Rebecca e Isacco e Giacobbe pianta le verghe scorzate sono in collezione privata veneziana. Negli studi più recenti questo gruppo, che in base alla provenienza potremmo definire “udinese”, è stato unanimemente datato alla fine del secondo decennio del Settecento ovvero al 1720 circa, datazione che può valere anche per le tele di Mirna. Senza una verifica dal vero delle tele ora disperse è certo difficile esprimersi con certezza se si tratti di repliche di bottega o di varianti autografe, anche se in base alla documentazione fotografica e a piccole differenze tra i gruppi pare più probabile la seconda delle due ipotesi. Nei dipinti udinesi un piccolo miglioramento compositivo nell’Incontro di Rebecca e Isacco (il gruppo di figure accanto a Rebecca) e la semplificazione dell’episodio di Giacobbe pianta le verghe scorzate (non c’è la città fortificata, che a Mirna è dipinta sullo sfondo) potrebbero indurci a ritenere che le versioni di Mirna fossero state eseguite addirittura prima e in ogni caso nello stesso torno di tempo poiché non è dato di rilevare importanti differenze a livello stilistico.

Sui dipinti nella seconda stanza di Mirna siamo meno informati, solo tre sono documentati da fotografie e in base alla inventariazione ereditaria ne possiamo almeno identificare l’iconografia. Nella stanza figuravano i seguenti dipinti: l’Incontro di Alessandro Magno e Diogene nella botte; Giuseppe interpreta i sogni degli ufficiali del faraone; due dipinti oblunghi raffiguranti il primo Ercole che impugna un lungo bastone o la clava, il secondo Ercole in lotta con l’Idra di Lerna. Su una fotografia, in verità poco leggibile, si può scorgere solo il primo dei due e anche in questo caso l’iconografia non è del tutto chiara. Gli altri dipinti raffiguravano Il buon samaritano, Sansone e Dalila e Caino e Abele. I tre dipinti fotografati sono databili alla seconda metà del Seicento, mentre la qualità non eccelsa delle riprese e la ridipintura delle tele, annotata dallo Stelè, impediscono una più precisa individuazione del loro autore. Il personaggio che nei documenti viene identificato come Ercole appartiene sicuramente a un pittore che si è formato nell’ambito del classicismo seicentesco, verosimilmente bolognese, mentre l’architettura classica che fa da sfondo all’Incontro di Alessandro Magno e Diogene nonché i due paggi e il cavallo tagliato dalla cornice riecheggiano il Cinquecento veneto e segnatamente il Veronese, che non fu certo dimenticato nel Seicento. Il dipinto di Giuseppe che interpreta i sogni degli ufficiali del faraone è nato certamente nella cerchia dei tenebrosi veneziani, poiché si può ritrovare tutta una serie di paralleli sia per i nudi virili, modellati con un deciso chiaroscuro, sia per le soluzioni iconografiche nei cataloghi di Antonio Zanchi (1631–1722), Giovanni Battista Langetti (1635?–1676) e specialmente nell’opera di Carl Loth (1632–1698).

In base alle dimensioni del castello di Mirna, attualmente in fase di ricostruzione, e con l’ausilio delle fotografie dello Stelè, delle sue annotazioni e delle inventariazioni ereditarie è possibile, almeno per sommi capi e in modo ipotetico, ricostruire la distribuzione dei dipinti nelle diverse sale del castello nel 1754 ovvero al tempo del sopralluogo dello Stelè così come la loro dimensione. Per ogni ulteriore analisi sarebbe naturalmente necessario ritrovare i dipinti: è infatti possibile, stando a quanto raccontato dagli abitanti del luogo, che le tele siano state asportate dal castello di Mirna, prima che questo fosse minato e incendiato nella notte tra il 25 e il 26 dicembre del 1942.