Osvald AHAS 7ital
Monika OSVALD
La tutela del patrimonio storico artistico nel Goriziano dopo la Prima guerra mondiale. L'architetto Max Fabiani (1865–1962) e le chiese di Lucinico, Šempeter e Vrtojba
La storia della tutela del patrimonio artistico nel Goriziano può essere suddivisa, similmente al caso dell’Istria slovena, in tre periodi. Il primo corrisponde all’operato della Central–Commission di Vienna (1850–1917), il secondo alla ricostruzione condotta in modo centralistico dall’amministrazione italiana dopo le devastazioni della Prima guerra mondiale e infine il terzo corrispondente all’odierna tutela regionale attuata nel Litorale settentrionale dopo il secondo conflitto mondiale. Se durante le offensive della Prima guerra mondiale, specialmente dopo la disfatta di Caporetto del 1917, il patrimonio artistico del Litorale ha subito gravi e spesso irreparabili danni, la ricostruzione condotta dal governo italiano non è stata sinora trattata in modo sistematico e anzi ne è stata anche taciuta la portata nonostante questi interventi abbiano in piu parti totalmente modificato l’aspetto artistico di diversi luoghi.
Ancora prima della fine della guerra era stata creata per le nuove province che si progettava di annettere una speciale Commissione di Studio (Edilizia e opere pubbliche) dell’Unione economica nazionale per le nuove province d’Italia. Dopo la firma del Trattato di Rapallo (siglato il 12 novembre 1920 ed entrato in vigore il 5 gennaio 1921), col quale l’Italia aveva ottenuto l’intera Venezia Giulia, Zara e alcune isole, le competenze della Commissione passarono all’Ufficio ricostruzioni di Gorizia che dipendeva dal Commissariato per le riparazioni dei danni di guerra del Ministero dei Lavori pubblici.
Il governo italiano era infatti conscio che l’annessione dei nuovi territori non poteva divenire stabile e definitiva senza il cambiamento delle amministrazioni locali e anche dell’immagine culturale delle terre redente. Inoltre l’intervento dell’Italia nel conflitto mondiale e la conseguente occupazione del Goriziano e del Litorale trovavano la propria giustificazione nella convinzione che questi territori erano italiani ed erano disseminati di monumenti della storia italiana. La realtà era però ben diversa e non collimava con le convinzioni di parte italiana perciò, negli anni antecedenti alla Prima guerra mondiale, alcuni intellettuali italiani più nazionalisti, tra i quali specialmente Gabriele d’Annunzio e Ugo Ojetti, innescarono una campagna propagandistica contro le espressioni artistiche mitteleuropee, contro il gotico, il barocco, il rococò, manifestazioni tipiche del “greve spirito tedesco”. Più tardi, quando Ugo Ojetti fu nominato commissario dell’ufficio per la Protezione dei monumenti situati nelle zone di guerra, formulò chiaramente la tesi che solamente i monumenti romani, romano–bizantini e rinascimentali erano le autentiche testimonianze dell’italianità delle nuove province.
I principi enunciati dall’Ojetti furono immediatamente tradotti nella pratica sia nella ricostruzione sia nelle nuove edificazioni. Cosi, ad esempio, e stato asportato nella basilica di Santa Maria delle Grazie a Grado (1924–1927) l’apparato decorativo barocco riportando forzatamente l’edificio al suo presunto stato romanico; la ricostruzione del Castello di Gorizia (i lavori iniziati nel 1919 si prolungarono sino al 1937) è stata condotta seguendo una tipologia immaginaria del castello medievale senza tenere in alcun conto dello stato prebellico. Inoltre già nel 1919 e stato collocato sull’ingresso al Castello il Leone marciano andante – la paternita dell’iniziativa è stata ascritta a Max Fabiani (1865–1962) – in modo da testimoniare l’appartenenza dell’antico nucleo cittadino alla Serenissima. Il Leone di San Marco svetta anche alla sommità del Monumento ai caduti a Gradisca d’Isonzo eretto nel 1922 da Giovanni Battista Novelli e sempre nella stessa citta compare anche sulla cinta muraria cosi come in numerose chiese restaurate o ricostruite in questo periodo (ad es. a Fogliano, Iamiano, Šempeter presso Nova Gorica).
Agli edifici di culto solamente danneggiati furono ricostruiti i campanili anche se non sempre si presentavano in uno stato malridotto: il paesaggio culturale era infatti disturbato dalle terminazioni “austriache” a cipolla (i rilievi della maggior parte delle chiese goriziane e dei loro campanili nel loro stato barocco prebellico si conservano presso L’Archivio di stato di Gorizia, Pretura di Gorizia, Danni di guerra. Esistono pure numerose fotografie del Goriziano sia antecedenti che seriori al conflitto mondiale). I nuovi campanili riprendevano la tipologia aquileiese o marciana e davano risalto “agli elementi basilari della composizione ossia alla scalinata, alla cella campanaria e al tetto” (Maks Fabiani, Akma, p. 101).
Gli edifici completamente distrutti furono ricostruiti ex novo. Esemplari in questo senso sono le chiese di San Giorgio a Lucinico, San Pietro a Šempeter presso Nova Gorica e del Sacro Cuore di Gesù a Vrtojba. Queste chiese sono state erette secondo simili dettami dello storicismo in uno stile romanico (gli edifici precedenti erano barocchi) con alcuni elementi bizantini, le torri campanarie sono disgiunte dal corpo della chiesa e seguono lo schema sopraccitato, le facciate presentano mattoni a vista e inserti lapidei. Nell’Archivio di stato di Gorizia e conservato il progetto della chiesa di Šempeter datato 21 maggio 1928 e firmato dal direttore dell’Ufficio di Ricostruzione Vincenzo Quasimodo e siglato con le iniziali di Max Fabiani. L’attribuzione del progetto a Fabiani è inoltre avvalorata sia da alcune caratteristiche del disegno riscontrabili in altri progetti dello stesso architetto sia da singoli elementi stilistici anch’essi simili alle soluzioni architettoniche di Fabiani.
Il progetto per la chiesa di Šempeter fornisce forse la chiave per risolvere la paternità di altri progetti di restauro e ricostruzione della chiese nel Goriziano. I lavori venivano eseguiti, seguendo progetti più o meno definiti dell’architetto, da imprese edili goriziane che non mancavano di modificare gli stessi progetti in corso d’opera. Nella maggior parte di questi cantieri e inoltre presente la bottega di Giovanni Battista Novelli, che completava le architetture con sculture e altari neoromanici, e del pittore Leopoldo Perco. La troica composta dall’architetto Fabiani, dallo scultore Novelli e dal pittore Perco sembra aver così determinato l’odierna facies della maggior parte delle chiese del territorio goriziano.