Quinzi AHAS 5ital
Alessandro QUINZI
Un intagliatore rinascimentale veneziano sulla sponda orientale dell’Adriatico: i Crocefissi di Parenzo, Torcello e Traù
Il Crocefisso di Parenzo è comunemente definito come un’opera di transizione tra gotico e rinascimento. Gotico appare il profilo del corpo e l’addome rigonfio, mentre l’accurata descrizione anatomica, la simmetria e la proporzione del corpo smagrito indicano chiaramente una temperie già rinascimentale; anche il perizoma rimanda alla pittura del Mantegna e a Bartolomeo Vivarini. Allo stesso intagliatore va ascritto il Crocefisso dell’iconostasi della Cattedrale di Torcello dalla particolare forma della croce a piuoli, che si rifà all’immagine teologica del Christus scala nostra. L’evidente trait d’union tra le due opere è rappresentato dalla figura di Placido Pavanello, monaco benedettino della congregazione di Santa Giustina, nonché vescovo a Parenzo, dal 1457 al 1464, e in seguito, sino alla morte sopraggiunta nel 1471, a Torcello.
Un concreto riferimento di ordine stilistico è dato dal Crocefisso che domina dal septo marmoreo dei Frari, tradizionalmente attribuito a scuola toscana o a Baccio da Montelupo. Il Crocefisso presenta un’analoga struttura compositiva e anatomica, ma si differenzia sia per una maggiore muscolatura sia per una sensibilità ancora gotica, che emerge, ad esempio, nella minuziosa descrizione dei peli della barba. L’anonimo Maestro del Crocefisso dei Frari appartiene probabilmente alla stessa generazione di Jacopo Bellini e proprio i disegni di quest’ultimo, ad esempio la Crocefissione alla c. 55 del taccuino del Louvre, forniscono un utile parallelo stilistico all’opera plastica, nella quale non è dato di riscontrare l’influsso donatelliano.
L’intagliatore, ancora anonimo, dei Crocefissi di Parenzo e Torcello si configura come una nuova personalità della scultura lignea rinascimentale veneziana. In chiusura gli viene attribuito un terzo Crocefisso documentato dal Venturi a Traù. Quest’ultima assegnazione non fa che dilatare ulteriormente il campo di ricerca sul maestro, che a distanza di un secolo ripercorse la strada di “un intagliatore gotico ignoto sulla sponda orientale dell’Adriatico”, com’è stata efficacemente delineata da Joško Belamarić al convegno del Gotico in Slovenia.