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Helena SERAŽIN
 
La chiesa conventuale della Castagnavizza presso Nova Gorica
 
Nel 1623, sul luogo di un’immagine miracolosa della Madonna dipinta su una pietra, il conte Mattia della Torre fece costruire un edificio che per via delle piccole dimensioni assunse l’appellativo di Cappella. Poiché il luogo era adatto alla fondazione di un convento nel 1649, dopo lunghe diatribe e con l’appoggio del Torre stesso, vi si insediarono i Carmelitani scalzi, che giunsero a Gorizia da Colonia e vi rimasero sino alla fine del XVIII secolo.
 
Negli anni 1654–61 i Carmelitani demolirono la cappella costruendo sul suo posto una chiesa a navata unica orientata verso settentrione, riprodotta in un disegno di G. M. Marussig del 1689 circa. Ponendo a confronto il disegno con l’edificio attuale si può desumere che la chiesa seicentesca si è totalmente conservata nell’impianto murario dell’odierno edificio poiché ne comprendeva le pareti della navata priva delle cappelle laterali (all’interno sono ancora riconoscibili due finestre nel piano rialzato, mentre gli odierni accessi alle cappelle laterali fungevano in origine da ingressi secondari alla chiesa) ed era delimitata verso meridione dalla parte centrale della facciata con la finestra termale e a settentrione dalla parete trionfale sulla quale era visibile, sino alla Prima Guerra Mondiale, una lapide commemorativa dell’ultimazione dei lavori avvenuta nel 1661.
 
Poiché i Carmelitani giunsero a Gorizia da Colonia è legittimo ipotizzare che avessero voluto riproporre il modello della loro chiesa madre, così come avvenne per la maggior parte delle chiese dell’ordine sorte nel XVII secolo nei territori dell’Austria e della Germania, erette secondo le regole edilizie dell’ordine ispirate alla chiesa romana di Santa Maria della Scala (1606–24). A questa chiesa si rifece anche l’architetto fra Carl von St. Joseph (1586–1650), autore dei progetti per le chiese ”im Dau“ (1622) e Santa Maria ”vom Frieden“ (1649–82) a Colonia. Secondo i suoi progetti furono erette anche le chiese dei Carmelitani scalzi a Praga (1629–42), Vienna (1630), Ratisbona (1641) e Graz (1647). In tutti i casi era prevista una navata unica con cappelle laterali comunicanti o poco profonde, un transetto cupolato e il presbiterio a terminazione piana, mentre la facciata riprendeva in maniera più o meno fedele le facciate romane a due piani raccordati da volute. Quasi tutte le chiese elencate furono erette con il contributo degli Asburgo; la loro presenza va attestata anche nel caso della Castagnavizza, per la quale si scelse comunque un modello architettonico diverso: com’è evidente dal disegno del Marussig l’architetto della chiesa goriziana Andrea Larduzzi adottò il modello lombardo della chiesa conventuale con alcune novità tratte dall’architettura veneziana (la finestra termale è desunta dalla chiesa delle Zitelle del Palladio).
 
Con l’arrivo del priore fra Massimo di San Benedetto iniziarono, alla fine del XVII secolo, gli ultimi importanti lavori edilizi con l’ampliamento della chiesa e l’erezione della sacrestia e del coro progettati, questi ultimi, già nel 1663 dall’architetto Giovanni Battista Spinelli. I lavori terminarono molto probabilmente nel 1691. Nell’ingrandire la chiesa, divenuta troppo piccola per accogliere i numerosi pellegrini, si prese a modello Santa Maria di Nazareth (1654–89), la chiesa veneziana dell’ordine carmelitano detta appunto degli Scalzi, progettata dall’architetto Baldassare Longhena: alla chiesa goriziana fu allora aggiunto un presbiterio quasi quadrato e a metà navata erette due cappelle che diedero all’edificio una pianta a croce greca. Come agli Scalzi alla navata fu aggiunto un corridoio che si conclude dietro la parete dell’altar maggiore, mentre il coro dei religiosi fu ricavato sopra la sacrestia. Con la costruzione della galleria si persero le fonti d’illuminazione nella navata alle quali si sopperì aprendo il muro di facciata. Il disegno di quest’ultima, inoltre, non può che essere opera di un architetto proveniente da Venezia poiché riprende esattamente la facciata della chiesa di Santa Lucia (1617), distante appena una ventina di metri dagli Scalzi. Nella sua storia sul convento della Castagnavizza il Vascotti ricorda quali proti ovvero architetti della chiesa Giovanni Torre e Giovanni Battista Giani. Il secondo è probabilmente il rappresentante della locale arte edile goriziana, mentre il Torre è forse identificabile col maestro omonimo, documentato nei lavori della costruzione degli Scalzi negli anni 1671–86. Questi giunse molto probabilmente a Gorizia su invito del priore del convento, similmente al lapicida Giovanni Battista Mazzoleni, che eseguì la pavimentazione del presbiterio della Castagnavizza su commissione del priore fra Lorenzo di Sant’Eliseo, lo stesso religioso che durante il suo priorato a Venezia affidò la pavimentazione degli Scalzi alla bottega di Marco Mazzoleni.
 
Gradualmente, in relazione alle singole fasi edilizie, si provvide anche alla decorazione a stucco degli interni. L’autore dei primi stucchi eseguì la decorazione con robuste conchiglie, erme e più minuti elementi ornamentali, che si possono ancora riconoscere sul parapetto della cantoria, sulla cornice dell’affresco dinanzi alla parete trionfale e sulle spalette delle finestre laterali. Allo stesso artista va probabilmente ascritta anche la statua della Madonna sulla facciata. Alla fase successiva all’ingrandimento della chiesa risalgono gli stucchi, documentati dalle fotografie anteriori al primo conflitto mondiale, del presbiterio e sopra l’entrata di entrambe le cappelle, eseguiti molto probabilmente dalla bottega di Carlo Gianni tra il 1705 e il 1710. Ancora insoluto rimane il problema degli stucchi del soffitto andati completamente distrutti, poiché sulla litografia di A. de Pastorel del 1837 è visibile una semplice volta a crociera, mentre i Francescani, giunti alla Castagnavizza nel 1811, fecero affrescare nel 1886 la volta con scene della vita di Maria; è dunque possibile che lo stucco della volta sia il frutto di un rifacimento. I Francescani trasportarono dalla chiesa goriziana di Sant’Antonio anche il nuovo altar maggiore, attribuito alla bottega dei Pacassi, mentre l’altare originale fu venduto nel 1785 alla chiesa parrocchiale di Podmelec. Anch’esso è in ogni modo stilisticamente ascrivibile alla stessa bottega dei Pacassi data l’affinità tra la cornice della cimasa con quella dell’edicola della Via Crucis di Giovanni Pacassi. L’unica testimonianza della presenza dei Carmelitani scalzi alla Castagnavizza è rappresentata dalla pala dell’altare della Madonna del Carmelo, che riprende il dipinto di ugual soggetto già nella cappella laterale destra della stessa chiesa, identificabile forse con la pala di Anton Cebej trasportata nella chiesa francescana di Novo mesto.