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Raffaella PICCO
Giorgio Massari e la chiesa della Beata Vergine delle Grazie a Udine
La basilica udinese della Beata Vergine delle Grazie, retta dal 1479 dai Padri Serviti, subi a partire dagli anni Trenta del Settecento un radicale intervento di ristrutturazione. Sebbene alcuni storici dell’arte lo attribuiscano al Massari, non vi sono tuttavia prove in tal senso. Innanzi tutto né nell’archivio della chiesa, né negli Annales e negli Acta della città di Udine risulta alcun documento comprovante un intervento del Massari nella riforma della chiesa nella prima metà del Settecento. In secondo luogo non si può fare a meno di osservare che se egli ne fosse stato il responsabile, così come lo fu della progettazione dell’altare della Beata Vergine delle Grazie negli anni Sessanta, i Serviti molto probabilmente si sarebbero rivolti a lui anche per il progetto della cappella, la cui edificazione si pone cronologicamente a metà strada fra i due interventi. Va poi notato che né l’organizzazione in pianta, né l’alzato, né le membrature, trovano puntuale riscontro in altre sue chiese. Si può dunque pensare che il responsabile della riforma della chiesa sia stato un architetto locale, o forse il Camerata stesso, autore del progetto per la cappella, e che il Massari possa tutt’al più essere stato interpellato per un consulto.
Terminati i lavori di ristrutturazione della chiesa, si prosegui con la costruzione della cappella dedicata alla Beata Vergine delle Grazie, nella quale avrebbe dovuto trovare sistemazione l’immagine miracolosa che il nobile Giovanni Emo, Luogotenente Generale della Patria del Friuli, aveva ricevuto in dono dal sultano di Costantinopoli. Nella seduta del 9 settembre 1746 il Maggior Consiglio, ascoltata la supplica dei Padri Serviti, stanzio il denaro per i lavori. Esiste un documento inedito di fondamentale importanza, un vero e proprio libro di cantiere, che permette di ricostruire con estrema precisione tutte le fasi della costruzione della cappella e dell’altare, i nomi degli architetti, "tagliapietra", falegnami e fabbri che vi lavorarono, nonché la provenienza ed il tipo di materiali usati. Veniamo cosi a sapere che nel 1753 l’architetto veneziano Andrea Camerata effettuo due sopralluoghi e spedi una cassetta con i disegni per la cappella e per l’altare, i quali vennero approvati dal Maggior Consiglio. Anche l’architetto Giovanni Fosconi aveva effettuato nel 1752 un sopralluogo, ma, considerata la minore entità del compenso che questi ricevette, si può pensare che sia stato contattato per un consulto in virtu della fama che si era procurata quale esecutore degli altari del Duomo.
Nel 1754, dopo che il Camerata ebbe inviato anche le sagome, si procedette con lo scavo delle fondamenta. Due anni più tardi si lavorava gia alla cupola.
Nel 1759 si registra una temporanea interruzione dei lavori dovuta all’esaurimento dei fondi. Il nome del “celebre Ingegnere Massari” compare per la prima volta il 26 aprile 1761, quando gli vengono spediti a Venezia i soldi per il disegno dell’altare. E’ del giugno dello stesso anno il resoconto della seduta del Maggior Consiglio che attesta la scelta del suo disegno in luogo di quello del Camerata, ritenuto "semplice troppo e privo d’ogni maestosa figura”. Contestualmente si fece misurare nel duomo di Udine l’altare di S. Marco per calcolare quanta pietra potesse servire e se ne fece fare anche uno schizzo, da utilizzarsi presumibilmente quale modello integrativo. Anche il disegno del Massari venne messo "in profilo", ossia vennero preparati dei disegni esecutivi lavorando su quello che doveva essere solo un progetto di massima. La costruzione dell’altare dovette quindi rimanere sospesa per un paio di anni: appena nel 1763 si ottenne infatti la licenza del Magistrato della Sanita necessaria per procedere con lo scavo delle fondamenta. Dal 1766 cominciarono quindi i lavori di rifinitura della cappella e dell’altare che si conclusero sicuramente entro il 1770, in tempo per la traslazione dell’immagine della Vergine, svoltasi con solenne cerimonia l’8 settembre. La paternità del Massari per l’altare e per altro confermata anche dal confronto stilistico con altre sue opere, prima fra tutte l’altare della cappella maggiore del Santuario della Madonna delle Cendrole a Riese, in provincia di Treviso (1730). Caratteristiche analoghe si ritrovano anche nell’altare del transetto della chiesa parrocchiale di Palazzolo sull’Oglio, in provincia di Brescia (1752) e nell’altare della Vergine del Rosario nella chiesa di San Simeone Grande a Venezia (1755). Si può dunque affermare che il Massari tende a mantenere negli altari la stessa impostazione, iterando modelli già sperimentati e variando solo il fastigio conclusivo.
Dai pagamenti annotati nel libro di cantiere, dalle deliberazioni del Maggior Consiglio, nonché dai raffronti stilistici, risulta dunque chiaramente che non fu il Massari l’autore del progetto della cappella, in quanto il suo nome compare solo ad una data nella quale essa era ormai praticamente ultimata. Allo stesso modo risulta evidente che fu invece egli l’esecutore del progetto per l’altare.