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Ferdinand ŠERBELJ

Il pittore Sebastiano Devita e le sue opere nel Goriziano

Il pittore dalmata Sebastiano Devita (1740 - dopo il 1797), operante in ambito culturale veneto, è stato sottratto dall'anonimato soltanto nel 1966, grazie alle pubblicazioni di Kruno Prijatelj. Sono passate invece inosservate le informazioni relative al nostro pittore, comparse nel libro di Cossar Storia dell'arte e dell'artigianato in Gorizia del 1948, dove vengono citati l'affresco del Devita nella chiesa parrocchiale di Lucinico (Ločnik) presso Gorizia, distrutta nel 1915, e due dipinti per la vicina chiesa di Kojsko (Quisca) in Slovenia. Ma prima di parlare delle sue opere in Italia e nel Goriziano, soffermiamoci brevemente su quanto sappiamo della sua vita.

Nel 1705 il nonno del pittore, Sebastiano De Vita, probabilmente veneto, si sposa a Spalato dove ha forse qualche incarico militare al servizio della Serenissima. Nel 1712 gli nasce un figlio, Pietro (1745), padre del futuro pittore. Nel 1737 Pietro de Vita sposa a Spalato Matija Krstulović da cui ha quattro figli. Il secondogenito, Sebastiano Gioacchino Giuseppe, nasce il 20 marzo 1740.

Nel 1760 Sebastiano è già a Venezia e tra il 1768 e il 1774 risulta iscritto alla Fraglia pittorica. A Spalato, nel 1777, gli muore, ad appena un anno, la figlioletta Barbara. Poiché lo troviamo citato nei registri giudiziari della sua citta' natale nel 1777 e nel 1780, possiamo concludere che si stabilsce a Spalato solo dopo la metŕ degli anni '70. L'ultima notizia che lo riguarda è posteriore al 1797, quando viene citato in un sonetto pubblicato in occasione dell'esposizione a Venezia del suo dipinto La Sacra famiglia.

La prima opera conosciuta di Sebastiano Devita è il quadro con i Santi domenicani nella chiesa di Sant'Antonio Abate di Rovigo (firmata e datata 1770). A Spalato sono conservati sei suoi dipinti: Il miracolo di S. Vincenzo Ferreri (cca. 1777) nella chiesa di S. Domenico, La Madonna con l'angelo protettore e Santi (1778) nella chiesa di S. Croce, La Madonna con Sant'Antonio da Padova e Santi nel convento delle Clarisse, La Madonna del Carmelo nella chiesa Gospa od Poišana, S. Cipriano e Santi nel convento delle terziarie francescane ed il S. Francesco Saverio (1788) nella chiesa di S. Filippo. Nel convento francescano di Fojnica, in Bosnia, si trova un quadro votivo con la Madonna ausiliatrice, firmato e datato 1784, certamente dipinto a Spalato. Nella castello di Catajo degli Obizzi presso Battaglia Terme (Padova) si trovava un suo affresco con L'Adorazione dei Magi, oggi perduto, firmato JOSEPH DEVITA DALMATA FECIT 1782. L'ultimo dei suoi lavori documentati, ma purtroppo perduti, è la Sacra famiglia, esposta a Venezia dopo il 1797.

Oggi siamo in grado di presentare nuovi lavori del Devita, che vanno ad incrementare sensibilmente il numero delle sue opere pubblicate.

I testi di storia dell'arte avevano sinora ignorato una pala firmata e datata 1770, raffigurante La nativita' della Vergine (cca. cm 380 x 200), collocata sulla parete dietro l'altar maggiore della chiesa arcipretale di Bondeno presso Ferrara. La pala venne commissionata dall'arciprete Don Bocchi. Già un anno più tardi, nel 1771, incontriamo Sebastiano Devita nel Goriziano, dove affresca il soffitto della navata (rovinata nel 1915) della chiesa di Lucinico presso Gorizia. La presenza di Sebastiano Devita in regione non si limita a questa sola opera, egli infatti deve esservi rimasto per un certo tempo. Rodolfo Coronini Conte di Cronberg commissiona al nostro pittore due quadri per la chiesa di Kojsko: un'Assunzione della Vergine per l'altar maggiore e una S. Eurosia per un altare laterale.

Oggi non c'e traccia della pala di S.Eurosia e neppure dell'altare coevo. La sua esistenza e la particolare devozione alla santa in questa chiesa è confermata da un opuscolo scritto e pubblicato dal Conte Rodolfo Coronini nel 1771. Fa da frontespizio al volume l'acquaforte del martirio di S. Eurosia firmata: Sebastiano de Vita inv. - Giuseppe Lante s. Forse per questa riproduzione era stata usata la pala d'altare oggi perduta. Questa ipotesi comunque risulta piuttosto dubbia, visto che in tutte le altre tele conosciute il nostro pittore ha sempre impegato un gran numero di figuranti.

Oltre a questi due dipinti, ordinati dal Coronini per la chiesa di Kojsko terminata nel 1768, possiamo attribuirgli pure la committenza di altre quattro tele presenti in chiesa, nella quale quindi, comprendendo la S. Eurosia oggi perduta, dovevano esserci ben sei grandi dipinti di Sebastiano Devita:

1. Il Martirio di S. Eurosia per l'altare laterale, 1771 (di cui abbiamo già parlato).

2. L'Assunzione della Vergine, o.s.t., cca. cm 310 x 168, sull'altar maggiore, 1771 (che abbiamo ricordato in precedenza).

3. Il Martirio di S. Giovanni Battista, o.s.t., cm 307 x 163, firmato in basso: (Seba)stianus f(ecit) / Dalmata. Le figure sono riprese dal repertorio del Veronese e del Tiepolo. Il muscoloso carnefice è la copia speculare dello stesso personaggio nel Martirio di Sant'Agata del Tiepolo (Staatliche Musseen Berlin - Dahlem) ed è ripreso anche dallo stesso motivo nel Museo del Santo a Padova ovvero dall'acquaforte di Giandomenico Tiepolo.

4. La Deposizione dalla Croce, o.s.t., cm 309 x 185, firmato a destra in basso: Sebastianu(s) Josephus Devita / Dalmata pinxit. La composizione ricorda da vicino la Deposizione di Luca Giordano (Gallerie dell'Accademia a Venezia).

5. Il Martirio di S. Eurosia, o.s.t. cm 312 x 164. La soluzione compositiva č un perfetto pendant del Martirio di S. Giovanni Battista. La S. Eurosia e la sua ancella risultano modeste citazioni dal Tiepolo. Anche la figura del carnefice appartiene al repertorio della pittura veneta.

6. Quattro Santi con la visione della SS. Trinita, cm 310 x 185. Vi sono raffigurati S. Lucia, S. Apollonia, S. Rocco, Sant'Antonio da Padova e la SS. Trinità.

Le opere di Lucinico e Kojsko attestano che Sebastiano Devita si è fermato per un certo periodo in questi luoghi. Nel Goriziano c'erano forse altri suoi dipinti, ma nella catastrofe della prima guerra mondiale è andata perduta una buona parte del patromonio artistico locale. Nel 1785, durante gli studi alla Accademia di Venezia Francesco Lesevel di Gradisca d'Isonzo affermò che aveva avuto per maestro anche Sebastiano Devita, il che getta nuova luce sull'attivita svolta dal nostro pittore nell'epoca in questione. L'artista avrebbe concluso la sua fase veneziana con il periodo goriziano (opere a Rovigo, Bondeno, Lucinico, Kojsko, Catajo). Nel 1774 è ancora iscritto alla Fraglia dei pittori di Venezia, mentre piů tardi lo incontriamo spempre più spesso in Dalmazia., soprattutto a Spalato, anche se mantiene i contatti ed i legami con l'aristocrazia (Obizzi, 1782; Coronini, intorno al 1771; Barbaro, dopo il 1797).

Nel 1782 il pittore offre alla Galleria degli Uffizi di Firenze un suo Autoritratto, che viene respinto, per poi essere accettato grazie ad una raccomandazione del marchese Tommaso Obizzi. Finito in deposito dopo breve tempo, ando' perduto insieme a due disegni.

Le opere di Sebastiano Devita possono considerarsi pitture da epigono ed eclettico, tipiche del tardo barocco. Egli trasse ispirazione da artisti diversi, ma soprattutto dai due grandi poli del Settecento veneziano, il Tiepolo e il Piazzetta. Il suo gusto tardo barocco, già classicista, si rivela nelle scene non più ambientate sulle nuvole: ora gli avvenimenti drammatici si svolgono tra architettutre monumentali di forme classiche. Sebastiano Devita è un tipico rappresentante di quella corrente pittorica che nella provincia e nel retroterra veneto rafforzava il proprio prestigio proprio usando a piene mani citazioni dei maestri veneziani, naturalmente secondo le proprie capacità. Per Devita erano importanti il formato ed un racconto intriso di patetica teatralità. Da quanto sinora raccolto risulta evidente che del pittore veneto-dalmata Sebastiano Devita possiamo tracciare un profilo giŕ ben delineato, che diventa interessante soprattutto se riferito allo studio della pittura provinciale, di periferia, del Settecento veneziano. Le ora riscoperte opere di Bondeno, Lucinico e Kojsko, aggiuntesi a quelle sinora note del nostro pittore, fanno ben sperare in ulteriori scoperte, probabilmente più numerose in Italia, dove sino ad oggi non ci si è curati della sua opera: di lui, infatti, non c'è traccia in nessuna rassegna della pittura veneta.